Polenta di castagne e LA BRUCIATA: viva la cucina “da camino”

Possono piacere o meno, ma le affumicature in cucina toccano un tasto della memoria ancestrale; accendono il ricordo di quando le essiccazioni e le cotture – tutte a fiamma viva – qualche sentore di brace lo davano sempre. E questo è un elemento comune a tutte le culture antiche: a qualunque latitudine. Così, a pescare qua e là, infrangendo confini e mischiando lingue diverse, saltano fuori affinità curiose e divertenti, tanto quanto gli abbinamenti in tavola che ne possono discendere.
in Toscana, ad esempio, è ben vivo un filone gastronomico che fa perno attorno alla castagna e la sua farina. Accade un po’ ovunque perché storicamente si trattava di un succedaneo più economico del pane di frumento, ma lo si ritrova in particolare sull’Appennino, al confine con Emilia e Romagna.

La castagna, una volta asciugata (e, appunto, fattasi lievemente affumicata), può essere lavorata in farina, per farne ad esempio della sostanziosa polenta. Questa, tradizionalmente tenuta bassa di sale, risulta prevalentemente dolce, e idonea a essere servita insieme ad alimenti che, invece, saporiti lo sono per propria natura, come formaggi e salumi. Ebbene, lo stesso criterio di combinazione dei contenuti sensoriali può essere applicato all’abbraccio piatto-bicchiere: se da un lato abbiamo sapidità, dall’altro converrà opporre morbidezza.

Un bel timballo di polenta di castagne, irrobustito magari con un pecorino fresco o con specialità norcine quali buristo e soppressata toscana (prodotti, insomma, non granché carichi di cloruro di sodio), diventa così il compagno di tavola ideale per una birra che pensare e produrre ci ha divertito molto, e le cui caratteristiche rimandano a tipologie di scuola tedesca come le Rauchbier della Franconia o le Gose della Bassa Sassonia.

Si tratta proprio di lei: La Bruciata, il cui sorso è, al contempo, da un lato affumicato e dall’altro sapido. Infatti, in ricetta utilizziamo malti esposti ai vapori del fuoco di legna di faggio, e il gentile fleur de sel della Camargue in bollitura del mosto. E così, la sua gradazione (6,1) e la sua bollicina vivace sono una garanzia per gestire opportunamente i carboidrati e i grassi del boccone che stiamo immaginando di metter sotto i denti; mentre le note olfattive da camino della bevuta riprenderanno e asseconderanno quelle espresse in masticazione dalla castagna.
Se poi capita di avere la cornice di una fredda e limpida giornata invernale, di fronte a un focolare acceso con ciocchi scoppiettanti, più che un pranzo o una cena, il rischio è che ci scappi… una pagina di poesia!